Il Contratto di Vendita di Cose Future

Post on 16 Novembre 2015
by Avv. Nicola Ferrante

Al fine di delimitare l’ambito applicativo del contratto di cosa futura è necessario chiarire, anzitutto, che cosa si intenda, tradizionalmente, con questa espressione. In linea del tutto generale, può dirsi che oggetto del contratto in parola è un bene che, al momento del perfezionamento del contratto, ancora non può formare oggetto di diritti: o perché non esiste in natura o perché, anche se esistente, non è in proprietà di alcuno dei consociati o, ancora, perché si tratta di un frutto naturale non separato dalla cosa madre.

La futurità della cosa può essere tanto oggettiva quanto soggettiva. La prima sussiste al ricorrere delle ipotesi sopra indicate; la seconda nel caso in cui il contratto abbia a oggetto un diritto futuro, nel senso cioè che lo stesso non sia compreso nella sfera giuridica del venditore.

Al riguardo, occorre non confondere l’ipotesi della vendita di cosa generica da quella, ben distinta, di vendita di cosa futura. In particolare, mentre nel caso della vendita di cosa futura, il diritto dedotto in contratto non è compreso nella sfera giuridica né del venditore né di alcun altro consociato, nel caso della vendita di cosa altrui, il diritto dedotto in contratto esiste nel mondo del diritto ed è compreso nella sfera giuridica di un soggetto terzo rispetto al venditore.

Il contratto di vendita di cosa futura si distingue dall’appalto perché ha ad oggetto una prestazione di dare, consistente nel trasferimento del diritto della proprietà della cosa non appena la cosa venga ad esistenza, mentre l’appalto ha ad oggetto una prestazione di fare, consistente o nel compimento dell’opera o nella prestazione del servizio.

Tradizionalmente, nell’ambito della contratto in oggetto, si distingue a seconda che le parti abbiano inteso concludere una “vendita della cosa sperata” (c.d. emptio rei speratae) o una “vendita della speranza” (c.d. emptio spei). Le due ipotesi sono ben distinte tra loro e sono assoggettate a un differenziato regime giuridico. In particolare, nel caso dell’emptio spei il compratore è obbligato a corrispondere al compratore il prezzo convenuto a prescindere dalla circostanza che la cosa oggetto del contratto venga effettivamente ad esistenza in tutto o in parte. In altri termini, la c.d. vendita della speranza si differenzia rispetto alla vendita della cosa sperata in ragione dell’assunzione, da parte del compratore, del rischio della mancata venuta a esistenza della cosa per causa non imputabile al venditore. La causa del contratto di tale contratto, alla luce delle considerazioni appena condotte, non può rinvenirsi esclusivamente nella corrispettività delle prestazioni del trasferimento della proprietà verso il pagamento del prezzo ma deve, piuttosto, essere rinvenuta nell’alea. Si tratta, infatti, di un contratto aleatorio; in tal senso depone lo stesso tenore letterale dell’art. 1472, comma secondo, c.c., il quale prevede la sopravvenuta nullità del contratto di vendita di cosa futura nel caso in cui la cosa non venga a esistenza e le parti non abbiano inteso concludere un negozio aleatorio. La ragione giustificatrice della previsione normativa appena citata è facilmente comprensibile se si pone mente alla circostanza che, in linea di regola, la causa del contratto di compravendita è da individuarsi nella corrispettività delle prestazioni di trasferimento della proprietà o dell’altro diritto verso il pagamento del prezzo. Detta corrispettività sarebbe, appunto, mancante nel caso in cui il bene dedotto in contratto non venisse a esistenza: per tale ragione, allora, l’ordinamento contempla un’ipotesi del tutto eccezionale di nullità sopravvenuta rispetto alla genesi del negozio; perché, in effetti, soltanto con la definitiva mancata produzione della cosa dedotta in contratto sopravviene il difetto della corrispettività delle prestazioni. Ma non potrebbe dirsi mancante la giustificazione causale del contratto anche nella distinta ipotesi le parti abbiano inteso concludere un contratto aleatorio; in tale ipotesi, infatti, l’alea compenetra nel congegno causale del negozio e giustifica la permanenza della sua validità e, pertanto, della sua cogenza anche nel caso in cui la cosa non venga ad esistenza.

Poiché, con la vendita della speranza, le parti derogano alla regola generale in forza della quale il compratore assume su di sé il rischio della mancata produzione della cosa, è necessario che le parti espressamente prevedano detta assunzione del rischio nel regolamento contrattuale da esse predisposto. Con riguardo, più nello specifico, al regime giuridico applicabile, la c.d. vendita della speranza risente molto della natura aleatoria: ne consegue che essa non è suscettibile di essere risolta per eccessiva onerosità e non può essere rescissa per lesione. Ancorché ciò, infatti, non sia espressamente previsto in materia di vendita dall’art. 1472, comma secondo, c.c. è desumibile per effetto dell’applicazione delle regole contenute nella c.d. parte generale del contratto di cui al Titolo II del Libro IV c.c. e, segnatamente, dagli artt. 1448, quarto comma, c.c. e 1469 c.c.

In questa sezione pubblichiamo gli articoli sul contratto di vendita, gli obblighi nel contratto di vendita, la tutela del compratore, la garanzia per evizione, la garanzia per vizi, la vendita di cose altrui, la vendita di cose future, la vendita di beni di consumo.

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