A Cura dello Studio Legale Ferrante e Associati
Nel contratto di vendita di cosa altrui, il venditore non è titolare del diritto di proprietà della merce o titolare dell’altro diritto oggetto del contratto. In applicazione, quindi, tanto della regola generale secondo la quale nessuno più trasferire ad altri più diritti di quanti non ne abbia quanto, soprattutto, del principio consensualistico di cui all’art. 1376 c.c. (che subordina il verificarsi dell’effetto traslativo del diritto alla legittimazione delle parti che esprimono il consenso negoziale), al momento della conclusione del contratto il compratore non diviene proprietario della cosa o titolare del diverso diritto.
La vendita di cosa altrui è distinta rispetto alla vendita sottoposta alla condizione sospensiva dell’acquisto della proprietà da parte del venditore; non è, inoltre, vendita di cosa altrui neppure quella conclusa dal rappresentante sfornito della legittimazione, il quale risponde a titolo di responsabilità precontrattuale ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 1338 e 1398 c.c. Diversamente, infine, dalla promessa del fatto del terzo, nel caso della vendita di cosa altrui il venditore non promette il fatto altrui ma assume in proprio l’obbligo di acquistare la proprietà o la titolarità dell’altro diritto.
Gli effetti giuridici derivanti dalla vendita di cosa altrui si riconducono, essenzialmente, nell’obbligo per il compratore di pagare il prezzo e nell’obbligo per il venditore di far acquistare il diritto di proprietà della cosa venduta o l’altro diritto al compratore. Detto acquisto a favore del compratore avverrà automaticamente, non appena il venditore sarà divenuto, a sua volta, proprietario o titolare dell’altro diritto, senza che a tal fine occorra un apposito atto di ritrasferimento. Al riguardo, va osservato che l’obbligazione di acquistare il diritto di proprietà di cui è gravato il venditore deve essere eseguita nel termine fissato convenzionalmente dalle parti; in mancanza di pattuizione in tal senso, la sua fissazione può essere chiesta al giudice ai sensi e per gli effetti dell’art. 1183 c.c.
È fondamentale precisare che gli effetti giuridici appena descritti si producono senz’altro nel caso in cui il compratore sia consapevole dell’altruità della cosa al momento della conclusione del contratto.
Diverso sarebbe, invece, il regime giuridico applicabile al contratto in oggetto nel caso in cui il compratore ignorasse, al momento della conclusione del contratto, l’altruità della cosa e, spirato il termine convenuto o fissato dal giudice ex art. 1183 c.c., il venditore non gli avesse fatto acquistare il diritto di proprietà della cosa o la titolarità dell’altro diritto. In tali ipotesi, la legge (art. 1479 c.c.) attribuisce al compratore il diritto di chiedere e ottenere immediatamente la risoluzione del contratto, ponendo quindi in capo al venditore l’obbligo di restituire il prezzo pagato e di rimborsargli le spese e pagamenti legittimamente fatti per il contratto, nonché le spese necessarie e utili fatte per la cosa e, se in mala fede, anche quelle volluttuarie. Al riguardo, occorre precisare che il venditore è tenuto a restituire il prezzo al compratore interamente, anche nel caso in cui la cosa si sia deteriorata o è, comunque, diminuita di valore. Tuttavia, per il caso del deterioramento o della diminuzione di valore, la legge (art. 1479 c.c.) tiene in considerazione l’ipotesi in cui ciò sia dipeso dal fatto del compratore: sarebbe, in tale ipotesi, eccessivo far gravare cionondimeno sul venditore l’obbligo dell’integrale restituzione. Per tale ragione, allora, il legislatore impone che dal prezzo da rimborsarsi si sottragga l’utile che il compratore ha ricavato.
Nella menzionata ipotesi in cui il compratore ignori l’altruità della cosa al momento della conclusione del contratto, non può quindi propriamente ritenersi che dalla vendita derivino gli effetti giuridici obbligatori della vendita di cosa altrui in generale. Non sorge, infatti, propriamente l’obbligo di far acquistare la proprietà della cosa o la titolarità dell’altro diritto, perché il compratore diviene immediatamente titolare del diritto di chiedere e ottenere la risoluzione del contratto. In difetto di una specifica previsione in materia di vendita, trovano applicazione le forme della risoluzione previste nella c.d. parte generale del contratto nel Titolo II del Libro IV c.c.
In parte diversa è, invece, la disciplina dettata dalla legge (art. 1480 c.c.) per la vendita di cosa parzialmente altrui. In tale ipotesi, infatti, l’attribuzione in capo al compratore della titolarità del diritto a chiedere e ottenere la risoluzione del contratto è subordinata alla circostanza che lo stesso compratore non avrebbe neppure concluso il contratto senza quella parte di cui non è divenuto proprietario. Di contro, nel caso in cui debba ritenersi che il contratto sarebbe stato comunque perfezionato, allora il compratore ha solo diritto alla riduzione del prezzo. In ogni caso, e dunque tanto per la risoluzione quanto per la riduzione del prezzo, è salvo il diritto al risarcimento del danno.
In questa sezione pubblichiamo gli articoli sul contratto di vendita, gli obblighi nel contratto di vendita, la tutela del compratore, la garanzia per evizione, la garanzia per vizi, la vendita di cose altrui, la vendita di cose future, la vendita di beni di consumo.
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