A Cura dello Studio Legale Ferrante e Associati
Le parti possono convenire che il somministrando si obblighi a preferire il somministrante nella stipulazione di un successivo contratto per il medesimo oggetto. Si tratta del c.d. patto di preferenza, disciplinato dall’art. 1566 c.c., il quale subordina la validità dello stesso patto alla circostanza che abbia una durata non eccedente il quinquennio. Nel caso in cui, infatti, le parti - ad onta del divieto - abbiano previsto un termine di maggior durata, la sanzione prevista dall’ordinamento è l’invalidità della pattuizione, con conseguente sua inidoneità a produrre effetti giuridici e sua automatica riduzione entro il termine massimo legalmente previsto di cinque anni.
Nonostante il legislatore denomini l’accordo in parola quale patto di preferenza, sembra prevalere l’orientamento secondo il quale con questa espressione si vuol, piuttosto, far riferimento al patto di prelazione. L’assunto si riviene in buona parte della giurisprudenza di legittimità che, facendo leva sulla circostanza che il legislatore ha colto l’occasione della disciplina della somministrazione per regolare anche il patto di prelazione, propende per l’applicazione analogica della norma in parola anche ad altre ipotesi di contratti con prestazioni continuative o periodiche (Cass. n. 19556 del 2013).
Il patto di preferenza oggetto della previsione in parola sembra dar luogo a diversi effetti giuridici rispetto a quelli consistenti nel mero obbligo di comunicare al titolare del diritto di prelazione le condizioni contrattuali. Ferma rimanendo infatti, in linea di principio, la libertà del somministrando di decidere se, con chi e a quali condizioni contrarre, l’ordinamento espressamente contempla (e disciplina) l’ipotesi in cui somministrante e somministrando si accordino nel senso che il secondo debba – prioritariamente rispetto ad altri e a parità di condizioni – rivolgere al primo la proposta contrattuale nel caso in cui intenda stipulare un nuovo e diverso accordo per il medesimo oggetto di somministrazione. Nonostante l’ambiguo tenore letterale, sembra che la comunicazione effettuata dal somministrando abbia natura giuridica di autentica proposta contrattuale, con la rilevante conseguenza che, in applicazione delle regole generali, il contratto può ritenersi concluso per la conoscenza che il somministrando abbia dell’accettazione fatta da parte del somministrante (art. 1326 c.c.). Ancorché, infatti, la previsione in commento inerisca all’ipotesi in cui il somministrando sia destinatario della proposta contrattuale da parte di terzi, ciò non sposta i termini della questione: pur proponendo quanto, a sua volta, gli è stato precedentemente proposto, il somministrando assume la veste di proponente, poiché pone il somministrante nella posizione di accettare o meno le sue condizioni con conseguente perfezionamento dell’accordo.
Con riguardo alla forma, in assenza di una disciplina speciale in materia, trova applicazione il principio generale di libertà, con conseguente validità della pattuizione avente anche forma orale. Ove si faccia leva, tuttavia, sull’identità di ratio giustificatrice, si potrebbe invocare l’applicazione analogica dell’art. 1596 c.c. che, per gli accordi restrittivi della concorrenza, impone la forma scritta solo a fini probatori.
Le parti possono anche accordarsi nel senso che il somministrante non possa eseguire le medesime prestazioni oggetto del contratto anche in favore di soggetti diversi rispetto al somministrando in una determinata zona (c.d. patto di esclusiva). Similmente, il somministrando può assumere nei confronti del somministrante l’obbligo di promuovere, in una determinata zona, la vendita di cose di cui ha l’esclusiva: risponde del risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento di tale obbligo anche nel caso in cui abbia ottemperato la previsione contenuta nel regolamento contrattuale in ordine al quantitativo minimo fissato.
La durata del patto di esclusiva non è fissata dalla legge direttamente in materia di somministrazione, diversamente da quanto dispone, per i patti limitativi di concorrenza, l’art. 2596 c.c.: se si fa leva sulla diversità della ratio giustificatrice e si esclude l’applicazione analogica di quest’ultima norma, pertanto, l’accordo può anche avere durata indeterminata.
Ragionamento identico può essere condotto anche con riguardo alla forma: nel silenzio della legge, infatti, il patto di esclusiva soggiace al principio di libertà, eccezion fatta per il caso in cui si ritenga applicabile analogicamente il citato art. 2596 c.c. dettato in materia di concorrenza.
In questa sezione pubblichiamo gli articoli sul contratto di somministrazione, sulla disciplina del contratto di somministrazione e sul patto di preferenza nel contratto di somministrazione.
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